Skip to main content
IL TUO NUOVO MAGAZINE

Autore: daubau

Moda Maschile anni ’70

Gli anni ’70 rappresentano un’epoca rivoluzionaria anche nel mondo della moda maschile, caratterizzata da uno stile audace, colorato e spesso eccentrico.

Questo decennio ha visto l’emergere di nuovi movimenti culturali e musicali, influenzando significativamente le scelte di abbigliamento degli uomini.

Ecco un’analisi più dettagliata della moda maschile degli anni ’70:

**1. Lo Stile Hippie e Boho: Gli ideali di pace e amore degli hippie hanno ispirato uno stile bohémien, che si rifletteva in abiti sciolte, tessuti naturali e stampe psichedeliche. Gli uomini sfoggiavano pantaloni a zampa d’elefante, camicie a fiori, gilet e giacche frangiate. I materiali erano spesso leggeri e confortevoli, come il lino e il cotone.

**2. La Rivoluzione Disco: Con l’avvento della disco music, la moda maschile divenne più glamour e sofisticata. I pantaloni a zampa d’elefante continuarono a essere popolari, spesso abbinati a giacche a sbuffo e camicie a collo largo con colletti a punta. Materiali lucenti, come il poliestere, erano ampiamente utilizzati per creare outfit che catturassero la luce delle piste da ballo.

**3. Lo Stile Preppy: L’influenza degli anni ’70 si fece sentire anche nel mondo preppy, con uomini che adottavano un look più formale e conservatore. I pantaloni a sigaretta, le camicie a righe e i mocassini divennero parte integrante dello stile preppy. I colori neutri e le stampe più sobrie contraddistinguevano questo stile.

**4. Jeans e Giubbotti di Pelle: I jeans divennero un capo di abbigliamento iconico, con le persone che sperimentavano con lavaggi particolari e tagli più larghi. I giubbotti di pelle erano spesso abbinati a jeans e camicie a quadri, creando uno stile casual ma ribelle, ispirato alle icone del rock come i Rolling Stones.

**5. Colori Audaci e Pattern Vistosi: Gli anni ’70 erano famosi per i colori vivaci e i pattern audaci. Gli uomini indossavano maglie a righe caleidoscopiche, pantaloni a fantasia e accessori colorati come cravatte larghe e papillon. La moda maschile di questo periodo era tutto tranne che noiosa, con una preferenza per l’eccesso di colori e dettagli eccentrici.

**6. Accessori Iconici: Gli accessori erano un elemento chiave dello stile degli anni ’70. Occhiali da sole oversize, cappelli a tesa larga, catene d’oro e orologi con cinturino in pelle erano elementi comuni nei guardaroba degli uomini di quell’epoca. Questi accessori contribuivano a completare il look audace e distintivo degli anni ’70.

In buona sostanza la moda maschile degli anni ’70 è stata un’esplosione di creatività e autenticità, riflettendo l’atmosfera di cambiamento e libertà di quell’epoca.

I contrasti tra gli stili hippie, disco e preppy hanno creato una miscela eclettica che ha influenzato la moda maschile per anni a venire.

Moda Femminile attraverso lo Stile dell’Ultimo Secolo

“Moda Femminile: Un Viaggio attraverso lo Stile dell’Ultimo Secolo”.

Nel vasto panorama della moda femminile, ogni decennio ha portato con sé un’incredibile evoluzione, plasmando e ridefinendo il concetto di stile.

Da iconiche rivoluzioni degli anni ’20 agli audaci accenti degli anni ’80, la moda femminile ha attraversato un viaggio straordinario nel corso dell’ultimo secolo.

Esploreremo gli stili distintivi e le tendenze che hanno caratterizzato ogni epoca, creando un ritratto affascinante della moda nel corso del tempo.

La moda femminile è un affascinante percorso attraverso cui esprimere creatività, individualità e cambiamenti sociali.

Nel corso dell’ultimo secolo, abbiamo assistito a trasformazioni sorprendenti, dalle gonne corte degli anni ’20 alle linee pulite degli anni ’60, fino alle silhouette sartoriali degli anni ’90.

Un viaggio attraverso queste epoche ci permette di comprendere come la moda non sia solo un riflesso delle tendenze estetiche, ma anche uno specchio delle trasformazioni culturali e sociali.

Il Ruolo delle Boutique e delle Realtà di Vendita nell’Evoluzione della Moda Femminile

Questo affascinante viaggio attraverso la moda femminile non sarebbe completo senza un’analisi approfondita del ruolo cruciale svolto dalle boutique, dagli outlet e dai negozi di abbigliamento femminile nel plasmare e diffondere le tendenze di ogni decennio.

Queste realtà commerciali non sono semplicemente luoghi di vendita, ma veri e propri architetti della moda, influenzando le preferenze delle donne e contribuendo a definire il panorama stilistico di ogni epoca.

Le boutique, con le loro atmosfere raffinate e la selezione accurata di capi di abbigliamento, sono spazi che vanno oltre la mera vendita.

Rappresentano degli habitat in cui le donne possono immergersi nell’arte della moda, esplorando nuove interpretazioni di stile e sperimentando con l’identità attraverso abiti che diventano veri e propri simboli di autenticità.

L’esperienza di acquisto in una boutique è un viaggio emozionante, un dialogo tra il cliente e il curatore dello stile, che lavora per offrire una selezione unica e distintiva.

Gli outlet, invece, hanno rivoluzionato il concetto di accessibilità alla moda di qualità.

Questi spazi offrono una vetrina di capi di stagioni passate o eccedenze di produzione a prezzi più accessibili, rendendo la moda desiderabile e accessibile a una vasta gamma di consumatrici.

Gli outlet diventano così il ponte tra la qualità artigianale e la domanda del mercato, favorendo la circolarità nella moda e garantendo che ogni donna, indipendentemente dal budget, possa esprimere la propria personalità attraverso l’abbigliamento.

I negozi di abbigliamento femminile, come kekris.com, o altre realtà sia online, che fisiche, con la loro vasta gamma di marchi e stili, svolgono un ruolo chiave nell’offrire alle donne una pluralità di scelte.

Sono veri e propri centri di ispirazione, dove ogni corridoio è un viaggio attraverso le tendenze del momento e i classici intramontabili.

L’esperienza di acquisto diventa un atto di esplorazione e autoespressione, con i negozi che fungono da curatorie di storie di stile uniche.

Dunque, mentre celebrare le tappe salienti della moda femminile degli ultimi cento anni, dobbiamo riconoscere il contributo fondamentale di queste realtà commerciali.

Oltre a essere luoghi di vendita, sono veri e propri custodi della cultura e dell’innovazione, rendendo possibile la democratizzazione dello stile e offrendo a ogni donna l’opportunità di essere protagonista della propria narrazione di moda.

Queste realtà non solo vendono abiti, ma plasmano il modo in cui le donne si vedono e si presentano al mondo, rendendo ogni acquisto un capitolo significativo nella storia della moda femminile.


La Moda Femminile – Decennio per Decennio

  1. Gli Anni ’20 – L’Era del Jazz e degli Abiti Svasati: Gli anni ’20 sono stati un periodo di emancipazione e cambiamento sociale. Le donne abbandonarono i corsetti in favore di abiti svasati che consentivano maggiore libertà di movimento, riflettendo lo spirito ribelle e la gioia dell’epoca del jazz. Gli accessori come perline e piume divennero essenziali, creando uno stile distintivo.
  2. Gli Anni ’40 – La Moda durante la Seconda Guerra Mondiale: Durante la Seconda Guerra Mondiale, la moda femminile subì influenze pragmatiche. Gonne più corte e tessuti più leggeri riflettevano le sfide della guerra, ma ciò non impedì la nascita di stili iconici come il completo giacca e gonna, simbolo di eleganza e forza.
  3. Gli Anni ’60 – La Rivoluzione Moda e la Nascita della Mini Gonna: Gli anni ’60 furono un’epoca di sperimentazione e libertà. La mini gonna divenne simbolo della rivoluzione culturale in corso, mentre le stampe psichedeliche e gli abiti a-line definirono uno stile giovanile e audace.
  4. Gli Anni ’80 – Eccentricità e Sfumature Cromatiche: Gli anni ’80 portarono con sé uno stile audace e dinamico. Le spalle imbottite, i colori neon e gli accessori oversize divennero protagonisti di una moda che urlava individualità e autenticità. L’abbigliamento divenne un mezzo per esprimere audacemente la personalità.
  5. Gli Anni ’90 – Lo Stile Minimalista e Grunge: Gli anni ’90 videro il passaggio a uno stile più minimalista e informale. Il grunge divenne una forza dominante con jeans strappati e maglioni oversize. Allo stesso tempo, lo stile minimalista caratterizzato da linee pulite e tessuti neutri guadagnò popolarità.
  6. Gli Anni 2000 – Dal Minimalismo al Maximalismo: Il nuovo millennio vide una varietà di stili, dal minimalismo degli abiti slip dress e denim su denim agli eccessi del maximalismo con stampe audaci e dettagli ornamentali.
  7. Gli Anni 2010 – Ritorno al Vintage e Rivisitazione del Passato: Nel decennio appena trascorso, c’è stato un evidente ritorno al vintage con una rielaborazione degli stili degli anni precedenti. L’abbigliamento “retro” divenne di moda, riflettendo un desiderio di connessione con il passato.

Attraverso questo affascinante viaggio nella moda femminile dell’ultimo secolo, emergono chiaramente le dinamiche complesse tra stile e società.

Ogni decennio ha portato con sé una sua unica espressione di femminilità e cambiamento.

Guardando al futuro, ci aspettiamo ulteriori rivoluzioni nella moda femminile, dove il passato continua a ispirare il presente e a plasmare il nostro concetto di stile.

Che sia la riscoperta di elementi retrò o l’innovazione di nuove tendenze, la moda femminile rimane un racconto in continua evoluzione, in cui ogni donna può trovare il suo spazio per esprimere la propria bellezza e individualità.

Esplora con noi il viaggio senza fine della moda femminile, un capitolo che continua a scrivere la storia dello stile nel nuovo secolo.

Le scoperte tecnologiche dell’ultimo decennio

Una Rivoluzione Tecnologica delle Scoperte Che Hanno Definito l’Ultimo Decennio storico:

Negli ultimi dieci anni, l’accelerato progresso tecnologico ha plasmato in modo significativo il nostro modo di vivere, lavorare e interagire con il mondo che ci circonda.

Dal boom dell’intelligenza artificiale all’affermarsi dei veicoli elettrici, passando per le frontiere della medicina genetica, questo decennio è stato testimone di scoperte straordinarie che hanno ridefinito il panorama tecnologico globale.

In questo articolo, esploreremo alcune delle innovazioni più sorprendenti e rivoluzionarie degli ultimi dieci anni, evidenziando come queste scoperte abbiano plasmato il nostro presente e gettato le basi per il futuro della tecnologia.

Preparatevi a immergervi in un viaggio attraverso le conquiste che hanno trasformato il mondo in cui viviamo.

Ecco di seguito un elenco delle più recenti invenzioni tecnologiche:

  1. Intelligenza Artificiale e Apprendimento Automatico: Progressi significativi nell’intelligenza artificiale e nell’apprendimento automatico hanno portato a miglioramenti nei servizi online, assistenti virtuali, riconoscimento di immagini e molto altro.
  2. Veicoli Elettrici e Guida Autonoma: L’industria automobilistica ha visto una crescita significativa nei veicoli elettrici e nei progressi verso la guida autonoma.
  3. Crispr-Cas9 e Modifica Genetica: La tecnologia di modifica genetica Crispr-Cas9 ha aperto nuove possibilità nella correzione di mutazioni genetiche e nella manipolazione del genoma.
  4. Realizzazione di Quantum Supremacy: Progressi nell’informatica quantistica hanno portato a dimostrazioni di “quantum supremacy”, segnando un passo avanti nella risoluzione di problemi complessi.
  5. Internet delle cose (IoT): L’espansione della rete IoT ha portato a una crescente interconnessione di dispositivi e oggetti quotidiani, permettendo un maggiore controllo e monitoraggio attraverso la connettività online.
  6. Blockchain e Criptovalute: La tecnologia blockchain è diventata ampiamente riconosciuta grazie alle criptovalute come Bitcoin ed Ethereum, portando a nuovi modelli di transazione e registrazione.
  7. Sistemi di Energia Rinnovabile: Miglioramenti nelle tecnologie solari e eoliche hanno contribuito a una maggiore adozione delle energie rinnovabili.
  8. Realizzazione di Raggiungere una Velocità di Connessione 5G: L’implementazione della tecnologia 5G ha portato a connessioni internet più veloci e stabili.
  9. Realizzazione di Esplorazione Spaziale: Le missioni spaziali, sia robotiche che con equipaggio umano, hanno portato a nuove scoperte su Marte e altri corpi celesti.
  10. Medicina Personalizzata e Terapie Geniche: Progressi nella medicina hanno portato a una maggiore comprensione delle variazioni genetiche individuali e alla possibilità di trattamenti personalizzati.

Guardando al Futuro della tecnologia

In chiusura di questo viaggio attraverso le scoperte tecnologiche degli ultimi dieci anni, è evidente che il nostro mondo è stato trasformato in modi inimmaginabili.

Dall’intelligenza artificiale che ci assiste nella vita quotidiana alla rivoluzione nelle energie rinnovabili che plasmano il nostro rapporto con l’ambiente, ogni scoperta ha contribuito a creare un futuro sempre più interconnesso e avanzato.

Tuttavia, mentre riflettiamo sulle conquiste passate, è cruciale guardare al futuro con un senso di sfida e di possibilità.

Nuove sfide tecnologiche si profilano all’orizzonte, e con esse nuove opportunità per superarle e innovare ulteriormente.

Il prossimo decennio promette di essere altrettanto rivoluzionario, e saranno la curiosità umana e la determinazione a guidare il nostro cammino attraverso l’affascinante territorio della tecnologia.

Siamo solo all’inizio di una storia che continua a scriversi, con capitoli ancora più audaci che attendono di essere scritti.

Gli stili dello Snowboard

Lo snowboard è uno sport da neve di recente costituzione con stili differenti, nato sulla scia degli sport da tavola (board in lingua inglese) come surf e skateboard e “importato” in Italia non più di 15 anni fa. 

Si pratica su una tavola unica, generalmente costituita degli stessi materiali con cui sono fabbricati gli sci, sulle quali sono fissati in modo trasversale gli appositi attacchi a cui si fissano gli scarponi.

Esattamente come per il surf e lo skateboard da cui deriva, per molti (soprattutto negli USA) lo snowboard è inteso anche come stile di vita.

Questo si riflette anche nell’organizzazione a livello internazionale dello sport, che vede due organizzazioni contrapposte: la sezione snowboarding della FIS e la International Snowboard Federation (ISF). 

La seconda è più vecchia e raggruppa i “duri e puri”, che non intendono scendere a compromessi con quella che viene da loro percepita come la vecchia nomenclatura dello sci alpino.

Il CIO però riconosce solo la FIS, e solo atleti tesserati per federazioni riconosciute da questa possono partecipare alle Olimpiadi Invernali.

Proprio per questa ragione, molti professionisti rifiutano di partecipare ai Giochi per protesta contro le regole e la concezione dello snowboarding come disciplina olimpica.

Le tipologie di snowboard sono due: hard e soft

La prima, meno diffusa, si pratica con tavole piú strette, lunghe e rigide rispetto alla seconda, e con scarponi rigidi simili a quelli dello sci, ma con i tacchetti arrotondati per non toccare la neve con le estremità; le discipline praticate sono lo slalom parallelo e gigante, ed il boardercross, che può essere praticato anche con tavole soft.

Da questo tipo di snowboard sono derivati gli sci da carving.

La seconda tipologia di snowboard (soft) si pratica con tavole e attacchi piú morbidi, che permettono piú “giocabilità” e libertà di movimento: le tipologie di competizione rilevanti, in questo caso, sono il “freestyle“, diviso a sua volta in “halfpipe”, “big air” e “slopestyle”, e il “boardercross“. 

Il freestyle si pratica in apposite aree dei comprensori sciistici dette snowpark, composte di salti e ostacoli di varie tipologie e dimensioni.

Negli ultimi anni lo snowboard freestyle ha acquisito anche una dimensione piú urbana con l’ avvento degli street rails, mutuati dal mondo dello skateboard.Un discorso a parte va fatto per il “freeride“, la discesa in neve fresca, che si pratica con tutte e due le tipologie di tavola e a detta dei puristi rappresenta l’essenza dello snowboarding, in quanto mette piú a contatto con la natura e permette di raggiungere luoghi incontaminati lontano dalla folla dei “soliti” vacanzieri.

Essere bravi subacquei e la sensazione unica di essere immersi nel blu

Saper affrontare un’apnea impegnativa, nuotare per centinaia di metri, aiutare a salire su una barca un compagno in affanno, ma soprattutto saper riconoscere i propri limiti senza dubitare delle nostre forze o del nostro coraggio, sono qualità che debbono appartenere a qualsiasi subacqueo che voglia dare sicurezza al proprio compagno e al suo gruppo.

Ecco perché per praticare le immersioni anche semplicemente a livello amatoriale è tanto importante essere atleticamente in forma, praticando la giusta attività sportiva sia durante i periodi di immersione che nei mesi di inattività subacquea.

L’allenamento è valido a qualsiasi età, in quanto limita il degradamento della funzionalità dei vari apparati che viceversa l’inattività facilità. 

E’ comunque molto importante che l’allenamento sia costante; l’ottimo sono tre o quattro sedute alla settimana senza mai superare le quattro, al fine di concedere i tempi di recupero all’organismo.

Perché allenarsi fa bene a chi fa attività subacquea?

Il nostro organismo è costituito da due sistemi distinti per la distribuzione di sostanze nutritive e il recupero dei prodotti di scarto: il cuore, i suoi vasi, ed i polmoni.

Chi decide di fare anche un solo corso di sub impara quali sono le cause principali che scatenano la malattia da decompressione, e tutti i fenomeni correlati ad essa: il sangue come veicolo di trasporto dell’aria accumula l’eccesso di azoto nei vari tipi di tessuti che poi con la risalita in decompressione viene rilasciato lentamente. 

Ed è proprio con l’aumento della profondità – e quindi della pressione parziale dei gas – che aumenta il consumo di ossigeno da parte dei muscoli respiratori dovuto all’incremento della ventilazione.

Essere dei subacquei allenati, insomma, significa migliorare l’efficacia degli scambi gassosi, pertanto aver bisogno di minor ventilazione che un sedentario a parità di ossigeno consumato. 

Ciò dipende da una minore produzione di acido lattico durante la pinneggiata, all’adattamento allo sforzo fisico e all’autocontrollo, che limitano gli atti respiratori a quelli realmente necessari senza sprecare energie.

Infine, l’esercizio fisico rappresenta una valvola di sfogo in situazioni di stress legate alla vita frenetica di tutti i giorni. 

Ci si sente più positivi e attivi, un fenomeno legato ad un aspetto fisiologico ben preciso: infatti durante l’attività fisica prolungata aumenta la concentrazione ematica delle endorfine: ormoni ad azione euforizzante

Allenamenti per preparare la Mezza Maratona

La mezza maratona è una corsa su strada pianeggiante della lunghezza di 21097 metri (cioè “mezza” maratona, appunto) e quindi fa parte delle corse di fondo.

A differenza della distanza intera, la mezza non richiede un periodo di preparazione molto lungo a chi abbia già una certa dimestichezza con le corse di lunga durata, però se si vuole rendere in modo soddisfacente in gara non si può improvvisare ed è opportuno tenere presente l’importanza di alcune sedute di allenamento che elencherò di seguito.

Devo premettere che è importante considerare a che fascia di atleti sono indirizzati questi consigli.

Non è saggio né onesto consigliare con queste note atleti in grado di correre la mezza in tempi inferiori ad un’ora ed un quarto circa.

Tali atleti hanno un minimo di evoluzione per cui dar loro consigli senza prima essersi confrontati con la loro storia personale non è possibile.

Un discorso a parte forse è opportuno farlo anche per chi non è ancora in grado di correre la mezza in meno di due ore. Due ore vuol dire un’andatura di 10,5 chilometri all’ora.

Chi non è in grado di sostenere questa andatura, anche se non è più un principiante farebbe bene ad insistere con la corsa lunga senza mischiare troppo le carte in tavola e senza aggiungere troppe variabili ad una preparazione che quasi di sicuro ha bisogno di essere incrementata prevalentemente in volume più che in qualità

Fra due ore ed un’ora e 15’ possiamo distinguere almeno tre sottoclassi di atleti:

  • Coloro che corrono fra due ore ed un’ora e tre quarti.
  • Coloro che possono correre fra un’ora e tre quarti ed un’ora e mezza
  • Coloro che possono correre sotto 1 ora e 30’.

Non è che i consigli varino molto a seconda delle sottoclassi di appartenenza, ma una regola generale c’è: quasi sempre risultati di valore medio basso sono perseguibili semplicemente aumentando la percorrenza delle sedute di fondo lungo. Altre variabili (il “ritmo-gara” o anche i ritmi “più veloci di quello di gara”) entrano in campo quando si comincia a parlare di risultati di un certo valore.

Un atleta che abbia corso tre mezze maratone in momenti diversi dell’anno sempre in due ore non si può più definire un principiante, ma non è detto che quell’atleta possa ottenere benefici da allenamenti impostati su ritmi più veloci.

Un buon metodo per capire quando possono tornare utili sedute di allenamento su distanze brevi ripetute o comunque su frazioni della distanza di gara è vedere cosa si riesce a combinare su un test sui 10 km in allenamento.

Se nel test si riesce facilmente a correre ad un ritmo che è simile a quello di gara o addirittura più veloce sarà inutile andare a cercare nuovi ritmi con sedute frazionate.

Se, al contrario, nonostante una buona tenuta sull’intera distanza di 21 km non si riuscirà a correre in allenamento nemmeno per 10 km all’andatura di gara allora sarà il caso di escogitare sedute speciali per rendere più agevole il ritmo gara.

Consideriamo delle situazioni ipotetiche di buon equilibrio delle doti di resistenza e velocità per giungere all’obiettivo prefissato.

In tali condizioni è importante:

  • riuscire a correre circa 25 km in un allenamento quasi al massimo impegno ad un ritmo di circa 30” al km più lento di quello di gara. Per atleti vicini alle due ore la differenza fra ritmo gara e questi 25 km potrà arrivare ad essere anche di 40” al km, per atleti vicini ad un’ora ed un quarto questa differenza sarebbe meglio che non fosse di più di 25” circa per km.
  • Riuscire a correre (almeno tre settimane prima della gara) la stessa distanza di gara in un tempo di 4-6 minuti (per chi vale tempi migliori) oppure 8-12 minuti (per chi vale poco meno di due ore) superiore all’obiettivo di gara.
  • Riuscire a correre 14 km praticamente al ritmo gara.

Verificate queste tre condizioni (e quindi svolti questi tre importanti allenamenti che dovranno essere collocati in momenti buoni della settimana e poi ben recuperati), l’obiettivo stabilito sulla mezza maratona potrà ragionevolmente essere raggiunto.

Eventuali altri allenamenti importanti potranno essere svolti sulle frazioni di gara. Per esempio tre volte 7 chilometri ad un ritmo di 10-15” al km più lento di quello previsto in gara.

Oppure 4 volte 4 km al ritmo gara.

Le frazioni a ritmo più veloce di quello di gara, tipo 6×2000 a ritmo 10” x km più veloci del ritmo gara dovranno essere svolte molto distanti dalla gara stessa perché hanno funzione di costruzione del ritmo gara ma non di rifinitura.

E’ importante diradare le sedute di allenamento per fare in modo che possano essere ben recuperate. Concentrare troppo le stesse, oltre che controproducente per la forma sportiva, diventa pericoloso anche dal punto di vista degli infortuni da sovraccarico.

Al riguardo poi della collocazione delle sedute c’è da aggiungere che sarà opportuno tenere più distanti dalla gara le sedute su ritmi molto vicini a quello di gara.

In prossimità della gara (ultimi 20 giorni di preparazione) sarà meglio insistere su sedute di buon chilometraggio (anche se non esagerato) ma svolte sempre a ritmi almeno 20” al km più lenti del ritmo gara.

Eventuali richiami sul ritmo gara assolutamente non negli ultimi 3-4 giorni e comunque senza toccare elevate intensità.

Detto così sembrerebbe tutto abbastanza facile.

A complicare il quadro saranno poi le centomila diverse situazioni personali.

Ed è per quello che questi sono solo umili consigli e le tabelle di allenamento siamo costretti a lasciarle solo a chi vuole prendere in giro i podisti. Buona corsa

Le antiche origini delle arti marziali

Le arti marziali hanno un’origine antica: appartengono ai guerrieri orientali e nascono per la necessità di difendersi.

Sono definite arti perché uniscono capacità fisiche e mentali contemporaneamente, e per questo motivo l’apprendimento della tecnica non è mai fine a se stesso: il percorso di formazione, oltre ad irrobustire il corpo, prevede momenti di meditazione spirituale che possa portare ad un pieno controllo delle proprie emozioni.

Queste arti furono trasmesse per intere generazioni solo oralmente, perché furono messe al bando dalla politica del tempo.

Per occultare questi insegnamenti i maestri crearono delle vere e proprie danze che nei loro movimenti armoniosi nascondevano autentici trattati sulle arti marziali.

Ogni stile di combattimento è il frutto dell’area geografica ove culturalmente si è sviluppato: dalla Cina conosciamo il Kung Fu (nei vari stili Shaolin, Wing Chun, Choy Li Fut), il Wu Shu, il Tai Chi Chuan e il Ch’i Gung (qi gong); provenienti dall’isola di Okinawa il Karate (stili Shorin-ryu e Goju-ryu) e il Kobudo; la Corea ci ha dato il Tae Kwon Do, il Tang Soo Do e la Hwarang Do; dal Giappone troviamo il Judo, il Jujitsu, l’Aikido, il Karate (stili Shotokan, Wado-ryu e Shito-ryu), il Ninjitsu e il Kendo; la Thailandia ha prodotto il Muay Thai, mentre le Filippine hanno codificato l’Escrima, l’Arnis e il Kali.

Sembra paradossale ma queste arti di combattimento portano al raggiungimento della pace interiore. In realtà questo si giustifica perché l’aggressività repressa che è dentro di noi viene sfogata attraverso il combattimento e aiutato dal controllo della mente per raggiungere l’autocontrollo.

Prima di entrare nel dettaglio delle varie discipline presentiamo una rapida classificazione.

Iniziamo con la divisione in due macrogruppi:

1. Stile marziale interno; dove l’insegnamento spirituale è predominante all’insegnamento tecnico. È basato sullo sviluppo del “Ki”, centro energetico situato sotto l’ombelico, dove si pensa si concentri l’energia del corpo.

Tra le arti marziali di questo tipo troviamo: Pakwa, Tai Chi e Hsing I.

2. Stile marziale esterno; basato sullo sviluppo della forza fisica e della potenza.

Tra le arti marziali più note di questa categoria troviamo: Kung fu e Wushu.

Un’altra classificazione, può essere quella che divide l’arte marziale in:

1. Armata; tra cui Wu-shu Kung fu, Kobudo ed Aikido.

2. Disarmata; tra cui Judo, Jujitsu e Karate

Un’altra classificazione viene fatta a partire dalle armi: quelle tradizionali, quelle del kobudo e quella del wu shu.

1. Armi tradizionali, quelle dei samurai, comprendono: Katana (sciabole), Naginata (tipo di alabarda con lama corta), Kyu (arco), Yari (lancia), Ho (bastone lungo), Jo (bastone corto).

2. Armi del Kobudo, rappresentano gli attrezzi del mondo contadino; tra cui: Ho (bastone lungo, con cui i contadini trasportavano i secchi d’acqua), Nunchaku (formato da due corti bastoni, uniti da una corda), Tonfa (due bastoni di 30 cm con all’estremità un piolo per l’impugnatura, questo era usato per piantare le patate), Kama (piccoli falcetti utilizzati in coppia), Kai (remo), Sai (spiedo).3. Armi del wu shu sono: Chien (spada dritta a due tagli), Dao (sciabola simile al machete), Chiang (lancia), Kwan dao (alabarda), kwun (bastone)

La determinazione degli obiettivi intriseci nello sport

Questo è un argomento “determinante” in ogni preparazione sportiva.

Lo sport professionistico si dovrebbe distinguere da quello dilettantistico per questo aspetto.

Lo sport per la salute differisce dallo sport “contro” la salute essenzialmente su questo aspetto.

Tutta la problematica del doping ha ragione di esistere solo in funzione di scelte errate in merito a questo argomento.

Partiamo subito dai più sfortunati.

Da questo punto di vista gli atleti più sfortunati sono proprio i professionisti, magari i miliardari, quelli che potrebbero benissimo fare a meno di lavorare e quindi anche di fare sport, per il resto della loro vita.

Loro, “attori” dello sport spettacolo, non possono porsi questo splendido problema.

Per loro questo problema non esiste.

O meglio esiste ed è talmente grave che ha una risposta sola: l’unico obiettivo possibile è quello che li colloca al vertice della loro specialità: non esistono altre scelte.

Un esempio per tutti: quello della nazionale italiana di calcio, che se arriva seconda ad un mondiale ha comunque fallito.

In questo caso lo sport non può essere sport per la salute.

La salute te la rovini già a pensare che hai un solo risultato possibile, e la curiosa motivazione del famoso allenatore Arrigo Sacchi che lasciò l’attività di allenatore in quanto definita troppo stressante non è del tutto campata in aria.

Fare i miliardari è sempre un bel mestiere ma essere costretti a vincere non è certamente rilassante.

E’ impensabile che sia utile alla salute un’attività sportiva che parte da un obiettivo agonistico imprescindibile, soprattutto se consideriamo che questo obiettivo è sempre di altissimo livello.

Ci si può augurare solo che sia umanamente perseguibile, ed attrezzarsi a sopportare l’eventualità molto probabile di un clamoroso fallimento.

In questo campo non ci sono suggerimenti da dare, se non appunto raccomandare che l’importante è la salute e quindi vigilare su tutte le circostanze legate a questi obiettivi di livello superiore che possono minarla.

Punti forza e debolezze delle lenti a contatto

Ben 20 milioni sono gli italiani che soffrono di comuni problemi di vista quali miopia, astigmatismo, presbitismo. Solo il dieci per cento di essi, tuttavia, è passato dagli occhiali alle lenti a contatto, ultime nate dell’innovazione oculistica. “Pochissimi rispetto a quanto accade negli Stati Uniti” – afferma Matteo Piovella, presidente della Società Oftalmologica italiana.

Quali le motivazioni? A parte la recente rivalutazione degli occhiali come strumento di seduzione e accessorio di grande moda, c’è una certa diffidenza nell’usare le lenti a contatto.

Nonostante in molti casi utilizzare tali lenti impedisca il peggioramento del disturbo visivo in modo maggiore di quanto non avvenga con l’uso degli occhiali, sembrano prevalere paure legate ad allergie, disturbi e danni all’occhio.

Si pensa comunque che diversi siano i punti forza e le debolezze riguardanti l’utilizzo delle lenti a contatto, cerchiamo assieme di capire quale siano:

I rischi da lenti a contatto, oggi, sono ridotti al minimo. “Le nuove lenti usa e getta, mensili, quindicinali e giornaliere, sono una garanzia di igiene e pulizia se usate correttamente. Episodi gravi di congiuntivite allergica – assicura l’oftalmologo – sono ormai rarissimi, più che altro si tratta di fastidi e irritazioni minime, che si risolvono in un paio di giorni”.

“I fedeli delle lentine sono donne in 7 casi su 10. E per lo più vogliono correggere la miopia” – aggiunge Umberto Merlin, vicepresidente dell’Associazione -“Le più usate sono le lenti morbide, bisettimanali e giornaliere. Questo perché il muco delle lacrime sporca le lenti e, cambiandole di frequente, ci si mette al riparo da irritazioni”. L’esperto suggerisce perciò di eliminare le lenti annuali, soggette ad accumulare di più germi e sporcizia.

Nessun problema per docce e bagni con le lenti addosso, basta evitare di far entrare troppa acqua negli occhi: si potrebbero verificare due tipi di inconvenienti. “Nel primo caso, le lenti si possono allargare, perché il liquido contiene meno sale rispetto all’umore dell’occhio, nel secondo caso si possono stringere per il motivo opposto. Questo inconveniente può causare fastidi, ma le lenti dovrebbero tornare normali in 15 minuti”.

Per quanto riguarda le lenti a contatto, ce ne sono di due tipi, dure e morbide. La capacità di portarle più o meno a lungo dipende dalla quantità di ossigeno che raggiunge la congiuntiva: quando ne penetra poco, gli occhi fanno male e bisogna togliere le lenti. Alcune lenti dure permettono un passaggio di ossigeno sufficiente a renderle tollerabili tutto il giorno (durante la notte vanno tolte in ogni caso). Anche certe lenti morbide vanno tolte durante la notte, mentre altre si possono portare per parecchi mesi comodamente, fermo restando che debbano essere tolte e lavate almeno una volta alla settimana.

Per quanto riguarda la portabilità, le lenti rigide hanno molti più vantaggi, ma quelle morbide sono più facili da portare, almeno all’inizio.

Benefici e svantaggi dello sport del nuoto

Eccoci ad una disciplina che gode di una grande fama per i benefici che può portare alla forma fisica.

In effetti il nuoto (quell’insieme di movimenti che assicurano il galleggiamento e lo spostamento nell’acqua) è considerato uno degli sport più completi, ed in effetti non esiste una disciplina più formativa e completa di questa.

Per questa ragione, il nuoto è consigliabile a tutti e a tutte le età, ed in particolare è molto indicato per sviluppare in modo armonico gli arti – sia inferiori sia superiori – ed il torace.

In più migliora ampiamente la funzionalità cardio-respiratoria, tanto che molti sostengono che ogni ragazzo dovrebbe nuotare con continuità tra i 4 e gli 8 anni, anche perché l’età migliore per iniziare è proprio quella tra i 4 e i 7 anni.

Con il nuoto, insomma, si assiste ad uno sviluppo della struttura ossea armonioso e completo: la cassa toracica tende ad ingrandirsi, mentre si correggono le deviazioni della colonna vertebrale (come nella scoliosi) e contemporaneamente non si sovraccaricano le articolazioni perché viene praticato in sospensione, quindi in un ambiente in cui è virtualmente assente la forza di gravità.

I principali vantaggi di una costante attività natatoria

1. Il nuoto investe e mette in moto gran parte dei muscoli corporei:
braccia, gambe, collo (respirazione a crawl…), schiena, e ciascuno di questi può essere impegnato con grande vigore. Al contrario di molti sport che imperniano il dispendio di energia sopratutto su certi arti (es. le gambe nel cliclismo o nel calcio…), il nuoto distribuisce il movimento sulla generalità del corpo, ed è per questa ragione che è universalmente riconosciuto come lo sport che sviluppa più armoniosamente tutta la muscolatura.

2. E’ estremamente flessibile:
Il nuoto non è tutto “gara”: può essere un momento di relax costeggiando le rive di un lago, può essere una serata in piscina in cui si chiacchiera con gli amici e ogni tanto ci si tuffa a fare due o tre vasche. Credo sia difficile trovare uno sport che abbia la flessibilità e l’adattabilità del nuoto a tutte le condizioni fisiche! Si va dalle necessità dei traumatizzati che cercano di riabilitare un arto ai campioni di delfino, dallo sguazzare dei bambini per divertimento alle tranquille bracciate di chi cerca di buttar giù qualche chilo di troppo…

3. Può disperdere da poca a moltissima energia:
Quando serve una perdita di energia leggera, il nuoto permette di restare sempre in area aerobia, con esercizi soft che (pur svolgendosi in piscina) non andrebbero forse nemmeno definiti nuoto vero e proprio perché comportano meno sforzo anche rispetto ad una semplice camminata. Contemporaneamente, nella stessa piscina e con gli stessi movimenti di base, si può dare il via ad una dispersione di calorie enorme, per la contemporaneità e il gran numero di muscoli interessati.

Inoltre, in piscina avviene è una dispersione termica supplementare rispetto a quella richiesta dal semplice movimento: è quella dovuta alla conduzione e temperatura dell’acqua. Da un lato, il potere di conduzione dell’acqua facilita il raffreddamento (suda di più un corridore che un nuotatore) e quindi crea le condizioni paragonabili a quelle di un motore che (essendo ben raffreddato) può salire di giri senza fondere. Dall’altro lato, l’acqua fresca richiede a chi non lavora “a pieno regime” un supplemento di dispendio per il riscaldamento del corpo. Si ha insomma un punto limite al di sopra e al di sotto del quale l’acqua ha un effetto diverso, ma in ogni caso essa facilita la dispersione termica e l’aumento in termini di dispendio energetico complessivo

4. E’ molto salubre:
Non vi sono malattie specifiche imputabili al nuoto. Mentre vi sono sport che comportano rischi e traumi tipici (come il tennis), gli eventuali traumi del nuoto sono del tutto generici (si può dire che se uno scivola e cade in piscina, avrebbe potuto scivolare e cadere anche nel proprio bagno). Vi sono alcuni rischi che apparentemente paiono legati alla frequentazione delle piscine:

a-infezioni come verruche o funghi (piede d’atleta). Vero, ma non sono problemi specifici del nuoto. Infatti non si parla di “piede del nuotatore” ma di piede “d’atleta”, perché la mancanza di scrupolosa igiene nelle docce e negli spogliatoi comporta lo stesso problema della mancanza di scrupolosa igiene nelle piscine, dei relativi spogliatoi e docce…

b-traumatismi. Non vi sono più traumatismi tra i nuotatori rispetto a quelli che si osservano in altri sport. Anzi, è molto meno facile farsi male in una vasca d’acqua che quando si cavalca una bicicletta o si corre per i boschi.

c-raffreddamento, ecc. Se una persona è ammalata, raffreddata, ha un ascesso dentario o l’influenza, non si deve recare a nuotare. Ma anche qui, si hanno le stesse precauzioni che si dovrebbero mettere in campo per il karatè o per la corsa ad ostacoli… In realtà molte persone pensano che il raffreddamento dell’acqua possa portare al raffreddore o all’influenza… Queste malattie (è bene ricordarlo) sono malattie infettive. Se uno ha già il contagio non si deve strapazzare né col nuoto né con altro. Se uno contrae in contagio in piscina, può contrarlo anche andando in banca o al cinema… Ma è molto più probabile questo secondo caso, visto che in piscina c’è una concentrazione di cloro (che è un disinfettante) molto superiore…

5. Costa poco:
La sua economicità si basa sopratutto sull’attrezzatura dal costo irrisorio (chi non ha già in casa un costume da bagno?). Se anche si vogliono aggiungere accessori sofisticati (super-occhialini, cuffia di gran marca ecc) resta un’attrezzatura che scompare davanti al costo di quel che serve per andare a sciare, a tirare al bersaglio o a fare quattro pedalate su una bici da corsa…

Per giunta, tutta l’attrezzatura può essere portata in una borsa di modeste dimensioni, e quindi si può praticare anche durante l’intervallo di colazione, o dopo il lavoro, senza dover ripassare da casa…

Svantaggi del nuoto

Contrariamente alla credenza popolare, il nuoto non si può formalmente definire uno sport “completo”. Questo succede non perché il nuoto non sia un buono sport, ma perché in realtà uno sport competitivo veramente completo non esiste (ed è questa la ragione per cui gli sportivi professionisti integrano sempre il proprio allenamento con l’attività pesistica in palestra dedicata scientificamente ai gruppi di muscoli meno coinvolti nella loro specialità).

In particolare, l’addome è poco interessato dal nuoto.

Stare sempre a mollo nell’acqua per molteplici ore, potrebbe favorire, soprattutto in età adulta, a favorire il terreno idoneo a disturbi come l’osteoporosi.

Secondo quanto sostengono alcuni, inoltre, il nuoto tende ad indurre il corpo alla creazione di un pannicolo adiposo sotto la cute, come reazione di difesa al freddo dell’acqua.

L’aspetto del nuotatore sarebbe in qualche modo antiestetico.

Queste osservazioni in realtà generano dei grossi sospetti presso coloro che vogliono abbattere il grasso nel loro organismo… ma si tratta in realtà di motivazioni poco fondate, in una situazione reale nella quale ormai la stragrande maggioranza di chi nuota nei periodi freddi lo fa in una piscina coperta e adeguatamente riscaldata!

L’unico svantaggio reale del nuoto, infatti, è che richiede una piscina o uno specchio d’acqua naturale (che comunque, alle nostre latitudini, non è frequentabile tutti i giorni di tutto l’anno…).

E’ però vero che piscine pubbliche di buon livello sono ormai presenti in modo capillare su tutto il territorio: chiunque (atleta o semplice praticante) ha quindi la possibilità di frequentarne una anche tutti i giorni