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Essere bravi subacquei e la sensazione unica di essere immersi nel blu

Saper affrontare un’apnea impegnativa, nuotare per centinaia di metri, aiutare a salire su una barca un compagno in affanno, ma soprattutto saper riconoscere i propri limiti senza dubitare delle nostre forze o del nostro coraggio, sono qualità che debbono appartenere a qualsiasi subacqueo che voglia dare sicurezza al proprio compagno e al suo gruppo.

Ecco perché per praticare le immersioni anche semplicemente a livello amatoriale è tanto importante essere atleticamente in forma, praticando la giusta attività sportiva sia durante i periodi di immersione che nei mesi di inattività subacquea.

L’allenamento è valido a qualsiasi età, in quanto limita il degradamento della funzionalità dei vari apparati che viceversa l’inattività facilità. 

E’ comunque molto importante che l’allenamento sia costante; l’ottimo sono tre o quattro sedute alla settimana senza mai superare le quattro, al fine di concedere i tempi di recupero all’organismo.

Perché allenarsi fa bene a chi fa attività subacquea?

Il nostro organismo è costituito da due sistemi distinti per la distribuzione di sostanze nutritive e il recupero dei prodotti di scarto: il cuore, i suoi vasi, ed i polmoni.

Chi decide di fare anche un solo corso di sub impara quali sono le cause principali che scatenano la malattia da decompressione, e tutti i fenomeni correlati ad essa: il sangue come veicolo di trasporto dell’aria accumula l’eccesso di azoto nei vari tipi di tessuti che poi con la risalita in decompressione viene rilasciato lentamente. 

Ed è proprio con l’aumento della profondità – e quindi della pressione parziale dei gas – che aumenta il consumo di ossigeno da parte dei muscoli respiratori dovuto all’incremento della ventilazione.

Essere dei subacquei allenati, insomma, significa migliorare l’efficacia degli scambi gassosi, pertanto aver bisogno di minor ventilazione che un sedentario a parità di ossigeno consumato. 

Ciò dipende da una minore produzione di acido lattico durante la pinneggiata, all’adattamento allo sforzo fisico e all’autocontrollo, che limitano gli atti respiratori a quelli realmente necessari senza sprecare energie.

Infine, l’esercizio fisico rappresenta una valvola di sfogo in situazioni di stress legate alla vita frenetica di tutti i giorni. 

Ci si sente più positivi e attivi, un fenomeno legato ad un aspetto fisiologico ben preciso: infatti durante l’attività fisica prolungata aumenta la concentrazione ematica delle endorfine: ormoni ad azione euforizzante

Allenamenti per preparare la Mezza Maratona

La mezza maratona è una corsa su strada pianeggiante della lunghezza di 21097 metri (cioè “mezza” maratona, appunto) e quindi fa parte delle corse di fondo.

A differenza della distanza intera, la mezza non richiede un periodo di preparazione molto lungo a chi abbia già una certa dimestichezza con le corse di lunga durata, però se si vuole rendere in modo soddisfacente in gara non si può improvvisare ed è opportuno tenere presente l’importanza di alcune sedute di allenamento che elencherò di seguito.

Devo premettere che è importante considerare a che fascia di atleti sono indirizzati questi consigli.

Non è saggio né onesto consigliare con queste note atleti in grado di correre la mezza in tempi inferiori ad un’ora ed un quarto circa.

Tali atleti hanno un minimo di evoluzione per cui dar loro consigli senza prima essersi confrontati con la loro storia personale non è possibile.

Un discorso a parte forse è opportuno farlo anche per chi non è ancora in grado di correre la mezza in meno di due ore. Due ore vuol dire un’andatura di 10,5 chilometri all’ora.

Chi non è in grado di sostenere questa andatura, anche se non è più un principiante farebbe bene ad insistere con la corsa lunga senza mischiare troppo le carte in tavola e senza aggiungere troppe variabili ad una preparazione che quasi di sicuro ha bisogno di essere incrementata prevalentemente in volume più che in qualità

Fra due ore ed un’ora e 15’ possiamo distinguere almeno tre sottoclassi di atleti:

  • Coloro che corrono fra due ore ed un’ora e tre quarti.
  • Coloro che possono correre fra un’ora e tre quarti ed un’ora e mezza
  • Coloro che possono correre sotto 1 ora e 30’.

Non è che i consigli varino molto a seconda delle sottoclassi di appartenenza, ma una regola generale c’è: quasi sempre risultati di valore medio basso sono perseguibili semplicemente aumentando la percorrenza delle sedute di fondo lungo. Altre variabili (il “ritmo-gara” o anche i ritmi “più veloci di quello di gara”) entrano in campo quando si comincia a parlare di risultati di un certo valore.

Un atleta che abbia corso tre mezze maratone in momenti diversi dell’anno sempre in due ore non si può più definire un principiante, ma non è detto che quell’atleta possa ottenere benefici da allenamenti impostati su ritmi più veloci.

Un buon metodo per capire quando possono tornare utili sedute di allenamento su distanze brevi ripetute o comunque su frazioni della distanza di gara è vedere cosa si riesce a combinare su un test sui 10 km in allenamento.

Se nel test si riesce facilmente a correre ad un ritmo che è simile a quello di gara o addirittura più veloce sarà inutile andare a cercare nuovi ritmi con sedute frazionate.

Se, al contrario, nonostante una buona tenuta sull’intera distanza di 21 km non si riuscirà a correre in allenamento nemmeno per 10 km all’andatura di gara allora sarà il caso di escogitare sedute speciali per rendere più agevole il ritmo gara.

Consideriamo delle situazioni ipotetiche di buon equilibrio delle doti di resistenza e velocità per giungere all’obiettivo prefissato.

In tali condizioni è importante:

  • riuscire a correre circa 25 km in un allenamento quasi al massimo impegno ad un ritmo di circa 30” al km più lento di quello di gara. Per atleti vicini alle due ore la differenza fra ritmo gara e questi 25 km potrà arrivare ad essere anche di 40” al km, per atleti vicini ad un’ora ed un quarto questa differenza sarebbe meglio che non fosse di più di 25” circa per km.
  • Riuscire a correre (almeno tre settimane prima della gara) la stessa distanza di gara in un tempo di 4-6 minuti (per chi vale tempi migliori) oppure 8-12 minuti (per chi vale poco meno di due ore) superiore all’obiettivo di gara.
  • Riuscire a correre 14 km praticamente al ritmo gara.

Verificate queste tre condizioni (e quindi svolti questi tre importanti allenamenti che dovranno essere collocati in momenti buoni della settimana e poi ben recuperati), l’obiettivo stabilito sulla mezza maratona potrà ragionevolmente essere raggiunto.

Eventuali altri allenamenti importanti potranno essere svolti sulle frazioni di gara. Per esempio tre volte 7 chilometri ad un ritmo di 10-15” al km più lento di quello previsto in gara.

Oppure 4 volte 4 km al ritmo gara.

Le frazioni a ritmo più veloce di quello di gara, tipo 6×2000 a ritmo 10” x km più veloci del ritmo gara dovranno essere svolte molto distanti dalla gara stessa perché hanno funzione di costruzione del ritmo gara ma non di rifinitura.

E’ importante diradare le sedute di allenamento per fare in modo che possano essere ben recuperate. Concentrare troppo le stesse, oltre che controproducente per la forma sportiva, diventa pericoloso anche dal punto di vista degli infortuni da sovraccarico.

Al riguardo poi della collocazione delle sedute c’è da aggiungere che sarà opportuno tenere più distanti dalla gara le sedute su ritmi molto vicini a quello di gara.

In prossimità della gara (ultimi 20 giorni di preparazione) sarà meglio insistere su sedute di buon chilometraggio (anche se non esagerato) ma svolte sempre a ritmi almeno 20” al km più lenti del ritmo gara.

Eventuali richiami sul ritmo gara assolutamente non negli ultimi 3-4 giorni e comunque senza toccare elevate intensità.

Detto così sembrerebbe tutto abbastanza facile.

A complicare il quadro saranno poi le centomila diverse situazioni personali.

Ed è per quello che questi sono solo umili consigli e le tabelle di allenamento siamo costretti a lasciarle solo a chi vuole prendere in giro i podisti. Buona corsa

Punti forza e debolezze delle lenti a contatto

Ben 20 milioni sono gli italiani che soffrono di comuni problemi di vista quali miopia, astigmatismo, presbitismo. Solo il dieci per cento di essi, tuttavia, è passato dagli occhiali alle lenti a contatto, ultime nate dell’innovazione oculistica. “Pochissimi rispetto a quanto accade negli Stati Uniti” – afferma Matteo Piovella, presidente della Società Oftalmologica italiana.

Quali le motivazioni? A parte la recente rivalutazione degli occhiali come strumento di seduzione e accessorio di grande moda, c’è una certa diffidenza nell’usare le lenti a contatto.

Nonostante in molti casi utilizzare tali lenti impedisca il peggioramento del disturbo visivo in modo maggiore di quanto non avvenga con l’uso degli occhiali, sembrano prevalere paure legate ad allergie, disturbi e danni all’occhio.

Si pensa comunque che diversi siano i punti forza e le debolezze riguardanti l’utilizzo delle lenti a contatto, cerchiamo assieme di capire quale siano:

I rischi da lenti a contatto, oggi, sono ridotti al minimo. “Le nuove lenti usa e getta, mensili, quindicinali e giornaliere, sono una garanzia di igiene e pulizia se usate correttamente. Episodi gravi di congiuntivite allergica – assicura l’oftalmologo – sono ormai rarissimi, più che altro si tratta di fastidi e irritazioni minime, che si risolvono in un paio di giorni”.

“I fedeli delle lentine sono donne in 7 casi su 10. E per lo più vogliono correggere la miopia” – aggiunge Umberto Merlin, vicepresidente dell’Associazione -“Le più usate sono le lenti morbide, bisettimanali e giornaliere. Questo perché il muco delle lacrime sporca le lenti e, cambiandole di frequente, ci si mette al riparo da irritazioni”. L’esperto suggerisce perciò di eliminare le lenti annuali, soggette ad accumulare di più germi e sporcizia.

Nessun problema per docce e bagni con le lenti addosso, basta evitare di far entrare troppa acqua negli occhi: si potrebbero verificare due tipi di inconvenienti. “Nel primo caso, le lenti si possono allargare, perché il liquido contiene meno sale rispetto all’umore dell’occhio, nel secondo caso si possono stringere per il motivo opposto. Questo inconveniente può causare fastidi, ma le lenti dovrebbero tornare normali in 15 minuti”.

Per quanto riguarda le lenti a contatto, ce ne sono di due tipi, dure e morbide. La capacità di portarle più o meno a lungo dipende dalla quantità di ossigeno che raggiunge la congiuntiva: quando ne penetra poco, gli occhi fanno male e bisogna togliere le lenti. Alcune lenti dure permettono un passaggio di ossigeno sufficiente a renderle tollerabili tutto il giorno (durante la notte vanno tolte in ogni caso). Anche certe lenti morbide vanno tolte durante la notte, mentre altre si possono portare per parecchi mesi comodamente, fermo restando che debbano essere tolte e lavate almeno una volta alla settimana.

Per quanto riguarda la portabilità, le lenti rigide hanno molti più vantaggi, ma quelle morbide sono più facili da portare, almeno all’inizio.

La funzione del trattamento Laser terapico

La laser terapia o trattamento Laser Terapico si effettua mediante uno strumento specifico: il Biolite® LP020.

Lo strumento appartiene alla famiglia dei laser a bassa potenza ed il suo scopo è di procurare una terapia di stimolazione piuttosto che una terapia di soppressione.

COME FUNZIONA IL BIOLITE® LP020?

Il Biolite® LP020 è indicato nel trattamento di condizioni da trauma o post-operatorie (in particolare edemi ed algie) prevenendone la cronicizzazione. Il Biolite può ridurre significativamente il dolore quando  sostenuto da anomalie di regolazione dei tessuti molli, evidenti alla palpazione (quali cordoni mialgici, dermalgie, tensioni).

DOVE SI APPLICA IL TRATTAMENTO DI LASER TERAPIA?

I punti di applicazione Biolite sono in parte generali ed in parte specifici ad ogni area di disfunzione osteoarticolare. Molti punti corrispondono a quelli della classica agopuntura tradizionale cinese, altri sono generici, uno sulla mano ed un altro sotto il ginocchio, bilateralmente, sono i quattro punti di regolazione generale che dovrebbero essere stimolati all’inizio di ogni trattamento.

QUANDO SI VEDONO I PRIMI RISULTATI DI LASER TERAPIA?

Il miglioramento immediato al trattamento dovrebbe continuare nelle 6-12 ore successive al trattamento stesso.  Talvolta si verifica un temporaneo peggioramento del dolore durante le prime 12 ore dopo il trattamento, che è da considerarsi fisiologico, a cui segue un netto miglioramento nelle ore successive. Nella maggioranza dei casi una singolo trattamento è sufficiente, in alcuni casi sono necessari più di tre trattamenti. Se fosse necessario più di un trattamento, le sedute devono effettuarsi con un intervallo di almeno 3 giorni (è consigliata una settimana). 

QUANTO DURA UN TRATTAMENTO DI LASER TERAPIA?

Il trattamento base dura generalmente 10/15 minuti: 2 minuti per la valutazione del dolore e della mobilità 2 minuti per il trattamento di ogni singolo punto e la successiva valutazione dell’efficacia della stimolazione.